Quali sono gli ingredienti di un sogno?

“Non è ciò che siamo che ci impedisce di realizzare i nostri sogni, ma è ciò che crediamo di non essere” (Paul-Emile Victor). Oggi mi sono imbattuta in questa citazione, che mi ha fatto riflettere molto e ripensare a qualche racconto che mi è capitato di raccogliere di recente.

Sogno come desiderio; sogno come un qualcosa che serbiamo nel profondo e che spesso non siamo propensi a condividere con chicchessia per timore possa essere sminuito o addirittura ridicolizzato.

Ovviamente mi rendo conto che questa riflessione magari non è condivisibile da coloro che si collocano in un estremo razionale (persone che stimo molto perché ragionano per obiettivi raggiungibili considerando le risorse che hanno a disposizione e gli strumenti cui possono affidarsi, lasciando poco o per nulla spazio alla sfera emotiva). Io, per “deformazione professionale”, non lascio mai fuori le emozioni e generalmente mi colloco nel mezzo… anche quando divento molto “obiettiva” non manca uno sguardo a questo aspetto per me molto rilevante.

Credo che un po’ tutti prima o poi ci siamo trovati a sognare un qualcosa di apparentemente irraggiungibile. A volte penso diventi anche un bisogno: per esempio per non farsi travolgere da una realtà non sempre “gentile”.

Quali sono gli ingredienti di un sogno? Creatività, meraviglia, stupore… tutti aspetti che sanno usare benissimo i bambini (per questo sostengo sempre di mantenere sempre un po’ della loro spontaneità nel vivere gli eventi); e il credere in se stessi senza farsi influenzare dall’esterno. Non cedere quindi a chi ricorre a una demotivazione gratuita, cercando di intaccare la propria personale e unica visione delle cose. Le nostre credenze interne sono il motore d’accensione per la realizzazione del nostro sogno, le si alimenta con l’azione e le si mantiene vive con il raggiungimento di piccoli risultati intermedi che avvicinano all’obiettivo finale. L’unica attenzione da porre è di tenere un po’ a bada le aspettative, che rischiano di far andare “su di giri” il motore… danneggiandolo poi.

Quando si realizza un sogno accade una piccola magia. Le emozioni che si arrivano a provare “aggiustano” un sacco di aspetti emotivi, primo tra tutti l’autostima. Perché allora non provarci? In fondo non si ha nulla da perdere.

Voi avete qualche sogno? Io sì, molti… alcuni dei quali sono consapevole siano “potenzialmente” irrealizzabili, quindi li colloco nella categoria “fantasia” e li lascio lì, ricorrendoci di tanto in tanto senza esagerare, ma qb 🙂

Ri-partiamo dal desiderio…

In questo non-tempo, ovvero tempo non vissuto appieno, si riscontra una sorta di infelicità piuttosto generalizzata: i discorsi sono piuttosto ripetitivi, spesso a valenza negativa e non c’è nulla di nuovo da raccontare poiché i ricordi di repertorio sono ormai esauriti. Come dico spesso la quotidianità e la normalità, per come le conosciamo, sono ormai in stand-by da parecchio… pare non arrivare mai l’agognata fine di questo periodo, non si vede la luce in fondo al tunnel in cui ci troviamo attualmente tutti (sempre ben distanziati uno dall’altro).

Siamo tutti più spenti (annoiati), tristi o arrabbiati (la noia e la rabbia sono comunque espressioni della tristezza).

Questo stato emotivo è assolutamente normale, poiché non è disponibile a breve termine una prospettiva risolutiva assoluta (ovvero il completo ripristino di come eravamo abituati a vivere) per cui non ci resta che adattarci, e la frustrazione che ne deriva è il prezzo da pagare per non avere altre scelte a disposizione.

Come fare per “sopravvivere” emotivamente in questo momento particolare, senza farsi coinvolgere troppo da sentimenti negativi e/o evitare di scaricarli eccessivamente sul prossimo…? Una possibile strategia potrebbe essere quella di mettere in stand-by l’attesa di rientro alla normalità (abbassando cioè l’aspettativa che ciò si verifichi a breve); nonché adottare, nel frattempo, uno stile di “adattamento attivo”.

Per “adattamento attivo” intendo la possibilità di focalizzarsi pienamente sulle cose fattibili e dedicarcisi completamente. Adattarsi a ciò che non si può momentaneamente fare e attivarsi al contempo in un qualcosa che scuota lo stato di tedio, risvegliando così l’entusiasmo assopito. Come fare? Credo che la soluzione si possa trovare nel trasformare un “piccolo desiderio” recondito in una realizzazione, affinché possa di conseguenza “scatenare” uno stato immediato di gratificazione. Cose semplici, quindi, ma soggettivamente importanti.

E cosa si può fare per lasciarsi ri-prendere dall’entusiasmo…? Qualche piccola cosa, appunto, facilmente attuabile: per esempio fare un regalo a qualcuno a cui si tiene; cimentarsi in cucina per “creare” qualcosa di nuovo; scoprire una nuova passione e provare a metterla in pratica; scrivere la propria rabbia in un diario (è molto terapeutico!); provare a essere più empatici (un toccasana per l’educazione) e fare complimenti veri (meno invidia…); risvegliare la gratitudine.

Attenzione, non ce lo si deve imporre, altrimenti non riesce! Il comune denominatore è la spontaneità. Vale la pena provarci, non c’è nulla da perdere e “forse non è poi così male” 😉